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Nero su bianco la disciplina delle web radio e tv, ma YouTube è una tv?

Dal 28 dicembre sono disponibili sul sito dell’AgCom, Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, i tanto attesi regolamenti riguardanti la fornitura di servizi media audiovisivi nella modalità lineare e on demand. La soglia di applicabilità delle norme a 100mila euro di fatturato ha posto una netta linea di confine salvaguardando il sistema nascente delle micro web tv. E il 2010 è stato un anno assolutamente effervescente: +52% la crescita delle antenne per arrivare a quota 436 canali rispetto ai 286 del 2009. Lo evidenzia il rapporto Netizen 2010 realizzato dall’osservatorio Altratv.tv dedicato ai cittadini digitalizzati videomaker, gli Internet Citizen. La ricerca fotografa il passaggio di molte unità da sito amatoriale diretta a progetto più articolato, con una linea editoriale, un proprio pubblico più numeroso (10mila accessi per il 20% delle tv) che attirano anche investimenti privati e l’attenzione della politica. Insomma il fenomeno è in crescita e le istituzioni hanno deciso di non alterarne lo sviluppo, ben diversa è la posizione nei confronti di siti popolarissimi che ospitano video generati dagli utenti come Youtube, DailyMotion e Vimeo. I siti “ugc”, fatti da contenuti generati dagli utenti, sarebbero infatti equiparati a servizi radiotelevisi con l’applicazione delle stesse leggi, sarebbero diciamo perchè in realtà ferve il dibattito e le interpretazioni.
LA DISCIPLINA – Ma quali sono gli obblighi, validi per chi supera i 100mila euro di fatturato o le 24 ore di palinsesto? Per chi svolge attività lineare (streaming) è obbligatorio richiedere una autorizzazione allegando i previsti documenti e il versamento di una tassa di ingresso (500 euro per le web tv, 250 per le web radio), la concessione avviene col silenzio assenso per cui passati i 30 giorni si può operare salvo l’Autorità richieda un chiarimento. Per chi svolge attività on demand le indicazioni sono le stesse ad eccezione della richiesta di autorizzazione sostituita con una denuncia di inizio attività, per cui non è necessario attendere i 30 giorni. Necessaria inoltre l’iscrizione al registro degli operatori di comunicazione. Per questi soggetti quindi valgono le previsioni del testo unico relative alla disciplina sul diritto d’autore, all’obbligo di rettifica e alla tutela dei minori con conseguente divieto di diffusione al pubblico di taluni contenuti in determinate fasce orarie.
LE PIATTAFORME UGC – Ma la questione più scottante riguarda la disciplina dei gestori di piattaforme Ugc, infatti l’art. 2 del Testo unico della fornitura di servizi media, esclude espressamente «i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio nell’ambito di comunità di interesse». La disciplina AgCom va oltre chiarendo che l’esclusione è valida se «nel caso in cui sussistano, in capo ai soggetti che provvedono all’aggregazione dei contenuti medesimi, sia la responsabilità editoriale, in qualsiasi modo esercitata, sia uno sfruttamento economico». Quindi AgCom spinge per far ricadere nell’applicazione della disciplina le grandi piattaforme, prima tra tutte YouTube, il dubbio è che non potesse inserendosi di netto nel dibattito svoltosi fino a ieri in Europa sulla definizione di Google, Dailymotion e Vimeo di “intermediari della comunicazione”. Chiarificatore l’intervento di Stefano Quintarelli «le due condizioni (sfruttamento economico e responsabilità editoriale) sono necessarie ma non sufficienti per essere considerato un servizio media. Occorre anche che non ricadano nelle eccezioni previste e che siano basati in Italia».
Leggi qui l’articolo completo….
http://www.immobilia-re.eu/house-living-and-business-rassegna-stampa-3-gennaio-2011/2/

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