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Perché votare SI al referendum sull`Acqua

Il 12 e il 13 Giugno non andremo al mare, ma tutti a votare.

Il Governo – cercando di rendere nullo il referendum – punta infatti sull`astensionismo, ma il referendum sull`acqua è davvero importante.

Cosa vogliamo abrogare e perché?

Gli articoli che vogliamo eliminare sono:

– l`art. 23 bis (dodici commi) della Legge n. 133/2008 (privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica).

– l`art. 154, comma 1 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006.

Il primo articolo che vogliamo abrogare stabilisce che il servizio idrico deve necessariamente essere affidato a soggetti privati o a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato detenga almeno il 40%.

In pratica il Governo vuole che, anche se una amministrazione gestisce bene il servizio idrico, deve appaltarlo ai privati. A costi più alti.

Il secondo consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio.

Per i privati è più conveniente di un investimento in Borsa, ma il rischio sulla qualità del servizio è tutto a carico dei cittadini. Bel modo di fare capitalismo!

Noi crediamo che ci siano alcuni pochi servizi fondamentali in uno Stato che debbono essere gestiti dalla collettività e per la collettività. E crediamo anche che un`impresa che voglia realizzare profitti debba e possa fare altro in altri mille campi diversi.

Chiediamo dunque semplicemente che non sia possibile gestire l`acqua pubblica a scopo di lucro.

Le logiche di mercato non possono essere le stesse per l`acqua come per la benzina, le autostrade, l`elettricità e al gas.

E` una cosa diversa. E per testimoniarlo, andremo a votare convintamente SI!.

Bruno Ventre – Equalway

E fortunatamente in Europa si va in Controtendenza, a Parigi si torna al Pubblico.

Ecco un interessante articolo con intervista realizzata da Roberto Cantoni a Anne Le Strat per OggiScienza proprio sul`esperienza francese (http://oggiscienza.wordpress.com):

Parigi, 25 anni di gestione privata dell’acqua. Oggi però si ritorna al pubblico. Cosa ha provocato questa scelta in controtendenza rispetto al nostro Paese? OggiScienza ne parla con la consigliera parigina Anne Le Strat, promotrice del cambiamento

Parigi – Nel novembre 2009, il governo italiano ha posto la fiducia sul “decreto Ronchi”, che ha dato il via libera alla privatizzazione dei servizi pubblici locali, tra i quali la gestione delle risorse idriche. Due mesi dopo, Parigi sperimenta, dopo 25 anni di gestione privata, la rimunicipalizzazione dell’acqua. Cos’ha spinto la capitale francese a questa scelta in controtendenza con ciò che accade in altri Paesi europei, ma che restituisce all’acqua la qualifica di “bene pubblico”? Lo chiediamo a chi, dell’iniziativa, è stata la promotrice, la consigliera Anne Le Strat.

OS: Consigliera Le Strat, ci fa un riassunto della gestione delle acque parigine dalla privatizzazione a oggi?

ALS: Il settore privato ha recuperato dei mercati di distribuzione nel 1985, e le multinazionali che gestivano il settore avevano contratti che terminavano nel 2009. Eravamo insoddisfatti dell’organizzazione del servizio: non c’era controllo da parte della collettività municipale, né c’era trasparenza finanziaria. C’era un’organizzazione piuttosto opaca, di cui approfittava il settore privato, che aveva un margine economico considerevole sui contratti; inoltre, l’organizzazione non era ottimale dal punto di vista tecnico, dal momento che, per la produzione e la distribuzione, c’erano più società che si sovrapponevano, creando problemi di contabilità. Abbiamo voluto creare un solo operatore per produzione e distribuzione, più logico in termini di gestione, e abbiamo voluto rendere il servizio pubblico perché, non essendo l’acqua una merce, un bene lucrativo, era opportuno che fosse gestita nell’interesse pubblico, non di società private.

OS: Come procede la messa in moto del progetto?

ALS: Al momento, abbiamo assunto 230 nuove persone nella distribuzione, e creato nuove figure professionali legate alla fatturzione e alla gestione della clientela, più le figure che già esistevano in precedenza.

OS: Avete trovato ostacoli al progetto?

ALS: No, non ci sono stati grandi ostacoli. Le multinazionali non hanno impedito il nostro lavoro, ma neppure lo hanno facilitato. Per esempio, hanno organizzato il trasferimento di alcuni impiegati ad altri settori delle stesse multinazionali, quando sapevano che ci sarebbero potuti essere utili. Quando chiedevamo informazioni, alla fine le ottenevamo, ma le cose andavano molto per le lunghe, più del necessario.

OS: In che stato avete trovato la rete idrica parigina al momento della municipalizzazione?

ALS: Globalmente, in buono stato. Nel 2004, il Comune aveva già rinegoziato i contratti con le società private, e aveva dato loro una serie di obiettivi da rispettare sui lavori di manutenzione della rete. Certo, da quando il sindaco ha preso la decisione del ritorno alla gestione pubblica, la qualità del lavoro dei privati è peggiorata.

OS: Cosa cambia per i parigini, a livello pratico?

ALS: In primo luogo, c’è una sola società, invece delle tre precedenti, il che rende le pratiche più snelle. Abbiamo stabilizzato il prezzo dell’acqua grazie ai guadagni economici della gestione pubblica, e l’abbiamo abbassato, mentre negli ultimi 25 anni aveva subito un rialzo del 200%.

OS: Pensa che l’esperienza di Parigi possa essere d’esempio per altre città europee o francesi?

ALS: Alcuni comuni francesi, dopo Parigi, hanno cominciato a porsi il problema, e hanno intrapreso la strada del ritorno alla gestione pubblica. Grenoble l’ha fatto prima di Parigi, mentre Brest e Tolosa sono sulla buona strada. Poi ci sono piccoli comuni nella periferia parigina.

Quanto agli altri Paesi, ci sono rappresentanti di molte città del mondo che vengono a vedere cosa succede a Parigi: non so se l’iniziativa si diffonderà a macchia d’olio, ma di certo è un esperimento a cui molti guardano in maniera positiva. Non so se la pressione politica sui privati si concretizzerà in termini pratici, ma vedo che l’impatto simbolico di Parigi, che è la capitale del Paese delle multinazionali, quello con il maggior numero di imprese private coinvolte nella gestione dell’acqua, è molto forte.

Tutti usano Parigi come esempio nelle negoziazioni per abbassare il prezzo dell’acqua o per passare alla gestione pubblica.

OS: In Italia esistono diversi movimenti e comitati che lottano per chiedere che l’acqua resti un bene pubblico. Pensa che queste collettività possa influire a livello decisionale sulle politiche di governo?

ALS: In Francia non ci sono iniziative simili a quelle italiane: m’impressiona molto vedere che una parte della società civile è così attiva, molto più che in Francia. Ci sono iniziative democratiche, cittadine, e credo che ciò sia indispensabile: non si può lasciare la gestione dell’acqua soltanto ai rappresentanti eletti. Occorre un dibattito democratico: se non si può fare nel quadro legislativo, si farà in quello dello spazio pubblico.

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