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CON LA MORTE FINISCE TUTTO? Recenti studi scientifici suggeriscono che la vita continui

La morte è uno dei più grandi enigmi dell’esistenza umana.

Le ipotesi e le teorie che riguardano la Morte, possono grosso modo essere raggruppate in tre categorie:

1) con la morte finisce tutto, perché la materia è l’unica cosa che c’è e non esiste nessun Dio
2) esiste una vita nell’aldilà le cui caratteristiche variano in funzione delle credenze religiose
3) la Coscienza è legata al cervello. Con la morte del cervello cessa ogni forma di Coscienza.

Le discussioni tra gli esponenti delle tre categorie sono sterili e senza fine, perché si tratta appunto di opinioni o credenze.

La posizione della Scienza finora, coincideva con la terza categoria.

Tuttavia, proprio grazie all’avanzare della conoscenza, questo assunto si è incrinato e adesso la Scienza sta iniziando ad indagare su cosa realmente accade dopo la morte.
Grazie al progresso ottenuto nelle Tecniche di Rianimazione, un numero crescente di individui, strappati alla morte, è stato in grado di riferire cosa era loro accaduto, mentre per la scienza erano considerati clinicamente morti (arresto cardiorespiratorio ed elettroencefalogramma piatto).

La maggior parte degli individui riferiva di aver udito un forte suono, come un fischio, sibilo o persistente, intenso ronzio.
Poi di essere usciti fuori dal loro corpo e di aver osservato le manovre che il personale medico e paramedico stava eseguendo sui loro corpi per riportarli in vita.
Raccontano in seguito di aver attraversato velocemente un canale, quasi di essere stati risucchiati come da un aspirapolvere, o come essere caduti a velocità vertiginosa in un pozzo profondissimo, e di aver scorto una luce in fondo al tunnel. In questa luce c’era un essere amorevole, comprensivo, non giudicante, accogliente, che li invitava a riesaminare la loro vita, la quale iniziava a scorrere velocemente davanti ai loro occhi, come un film.
Infine, qualcuno diceva loro che non potevano proseguire, dovevano ritornare indietro, perché avevano ancora qualcosa da portare a termine.
Riaprivano gli occhi e si ritrovavano in un letto di ospedale.
Un aspetto significativo è che tutte le persone “ritornate in vita”, successivamente mostravano un modo di agire diverso, più etico e più centrato sui valori.

Gli scienziati, superato il primo comprensibile momento di sbigottimento, hanno iniziato a proporre ipotesi e congetture: i pazienti non erano veramente morti, infatti sono ritornati in vita; il cervello, durante lo stress che subisce mentre il corpo muore, inizia ad allucinare; la mancanza di ossigeno che segue ad un arresto cardiorespiratorio, produce le allucinazioni, in particolare quelle note in psichiatria come “Autoscopia” (ossia vedere il proprio corpo dal di fuori), che si sarebbero manifestate prima che il paziente “morisse” e che erroneamente sono state riferite come coincidenti col periodo della morte clinica; il paziente ha creato inconsapevolmente una storia inventata per placare la sua ansia e per riempire il vuoto temporale, usando inconsciamente quel meccanismo che in psichiatria si chiama “Confabulazione”…

Ma che dire di quei pazienti nati ciechi, che descrivevano con esattezza ogni dettaglio visivo di quello che accadeva intorno ai loro corpi esanimi?
E di quei pazienti che hanno riferito con estrema accuratezza quello che avveniva in altre stanze dell’ospedale, assai lontane dai loro corpi fisici?

Schiavone Flavia
Psicologa, Psicoterapeuta, Ricercatrice.
www.flaviaschiavone.org

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