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Stefano Cucchi, dopo la sentenza la reazione della stampa

Morto nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 2009 Stefano Cucchi era stato arrestato pochi giorni prima per detenzione di droga. Il ragazzo arriva al Sandro Pertini in condizioni pessime: lesioni ed ecchimosi al viso, alle gambe, frattura della mascella e della colonna vertebrale. Per otto giorni Stefano rimane ricoverato in ospedale, otto giorni in cui la sua famiglia, nonostante le insistenti richieste, non riuscirà ad incontrarlo. Dopo il decesso, i genitori e la sorella Ilaria cominciano a chiedere di far luce sulla morte del loro caro, di trovare i responsabili del pestaggio, ma le risposte tardano ad arrivare e i silenzi si prolungano. Comincia il lungo processo.

Nonostante la sentenza arrivata pochi giorni fa, quello di Cucchi è l’esempio di come i media, come la stampa e i telegiornali possono svolgere un ruolo fondamentale e positivo per sensibilizzare l’opinione pubblica. Senza i giornali, riviste e quotidiani che nel 2009 pubblicarono le immagini del corpo martoriato di Stefano, forse il caso non avrebbe avuto la stessa risonanza; senza il libro di Ilaria Cucchi “Vorrei dirti che non eri solo”, nessuno avrebbe conosciuto la storia di Stefano e il caso sarebbe caduto nell’oblio.

Oggi i giornali e la stampa continuano a parlare della morte di Stefano Cucchi, unendosi alla richiesta di giustizia e allo sconcerto di fronte alla sentenza pronunciata la settimana scorsa, nella speranza che le cose possano ancora cambiare. La protesta intanto si sposta anche sui social network: da Facebook a Twitter sono tantissime le persone che continuano a dimostrare solidarietà alla famiglia Cucchi, e la pagina Facebook di Ilaria riceve ogni giorno messaggi di incoraggiamento e di sostegno da parte di tantissime persone che giorno dopo giorno hanno potuto immedesimarsi con Stefano, facendo la propria l’ingiustizia di cui è stato vittima.

Attesa con fiducia da parte dei familiari, la sentenza per la morte di Stefano Cucchi si è conclusa con una delusione per tutti coloro che in questi tre anni e mezzo hanno sostenuto moralmente la famiglia Cucchi. Un verdetto che ha sancito la responsabilità dei medici dell’ospedale Sandro Pertini, condannati per omicidio colposo, e che ha invece assolto gli infermieri e gli agenti della polizia penitenziaria, accusati di pestaggio nei confronti della vittima.
Morto nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 2009 Stefano Cucchi era stato arrestato pochi giorni prima per detenzione di droga. Il ragazzo arriva al Sandro Pertini in condizioni pessime: lesioni ed ecchimosi al viso, alle gambe, frattura della mascella e della colonna vertebrale. Per otto giorni Stefano rimane ricoverato in ospedale, otto giorni in cui la sua famiglia, nonostante le insistenti richieste, non riuscirà ad incontrarlo. Dopo il decesso, i genitori e la sorella Ilaria cominciano a chiedere di far luce sulla morte del loro caro, di trovare i responsabili del pestaggio, ma le risposte tardano ad arrivare e i silenzi si prolungano. Comincia il lungo processo.
Nonostante la sentenza arrivata pochi giorni fa, quello di Cucchi è l’esempio di come i media, come la stampa e i telegiornali possono svolgere un ruolo fondamentale e positivo per sensibilizzare l’opinione pubblica. Senza i giornali, riviste e quotidiani che nel 2009 pubblicarono le immagini del corpo martoriato di Stefano, forse il caso non avrebbe avuto la stessa risonanza; senza il libro di Ilaria Cucchi “Vorrei dirti che non eri solo”, nessuno avrebbe conosciuto la storia di Stefano e il caso sarebbe caduto nell’oblio.
Oggi i giornali e la stampa continuano a parlare della morte di Stefano Cucchi, unendosi alla richiesta di giustizia e allo sconcerto di fronte alla sentenza pronunciata la settimana scorsa, nella speranza che le cose possano ancora cambiare. La protesta intanto si sposta anche sui social network: da Facebook a Twitter sono tantissime le persone che continuano a dimostrare solidarietà alla famiglia Cucchi, e la pagina Facebook di Ilaria riceve ogni giorno messaggi di incoraggiamento e di sostegno da parte di tantissime persone che giorno dopo giorno hanno potuto immedesimarsi con Stefano, facendo la propria l’ingiustizia di cui è stato vittima.
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