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Il processo della gassificazione nelle biomasse

Si può ricorrere allo sfruttamento delle biomasse – in Sicilia, dove le materie prime non mancano di certo, come altrove – soprattutto per quel che riguarda il settore agricolo.
È senza ombra di dubbio una validissima alternativa ad altre e più abusate fonti energetiche, con il concreto vantaggio, per la verità comune a tutte le rinnovabili, sempre più universalmente apprezzate, che non si rischia di esaurire le risorse.
Nel caso specifico, stiamo parlando di comunissimi composti vegetali, reperibili ovunque ci sia un po’ di verde e opportunamente trattati, dai quali ricavare potenza energetica. I processi di conversione possibili sono di tre tipi: termochimico, biologico e fisico.
Appartiene alla prima categoria il processo di gassificazione. Non è difficile intuire già dal nome ciò in cui consiste: il passaggio di biomasse vegetali “dure”, come il legname ma anche il fogliame, dallo stato solido a quello gassoso.
L’operazione deve svolgersi in un ambiente con poco ossigeno: a una temperatura di un migliaio di gradi si portano i composti carboniosi a ossidarsi quasi del tutto. Il risultato è il cosiddetto syngas, che contiene, tra l’altro, azoto, monossido di carbonio, idrogeno e metano.
Esso occorre a rifornire degli specifici motori a combustione interna, i quali alla fine producono energia elettrica. Un’idea semplice, funzionale, eppure bastevole a rispettare l’ambiente, sia nel reperimento dei materiali che nella loro trasformazione, che poi è uno degli intenti principali dell’uso delle biomasse.

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