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Voci contrastanti e dissonanti le si sono levate contro considerandola (nonostante le eccezionali e continue sperimentazioni tra l’autoreferenziale e il concettuale svolte in tutto il Novecento) insufficiente a competere con l’autonomia creativa delle altre arti, prime tra tutte la pittura che, tra l’altro, aveva cambiato rotta nella sua ricerca proprio a causa dell’avvento della fotografia stessa, allontanandosi sempre più da una rappresentazione di stampo realista e rivolgendo le sue energie creative verso le proprie dinamiche interne.
Tutto questo non ha fatto altro che alimentare un confronto temporale avvincente, che ha avuto, tra i protagonisti, teorici quali Susan Sontag e Roland Barthes da una parte e, più di recente, Vilélm Flusser, Rosalind Krauss e Mario Costa dall’altra.
La materia del contendere è proprio quella riguardante il “referente” o il “contenuto” oltre che il linguaggio stesso di questa “tecnica/tecnologia”.
Se prima d’ora la sperimentazione in ambito fotografico doveva in qualche modo distaccarsi dal mero dato oggettivo ripiegando il mezzo su se stesso in una sorta di auto-isolamento di stampo astratto-riflessivo (pensiamo soprattutto alle manipolazioni in camera oscura, direttamente sulla carta emulsionata, by-passando la fase di ripresa con l’apparecchio fotografico) ora questa “autismo creativo” sembra non aver più senso. La realtà è nelle mani del fotografo e può essere colpita nei suoi punti più vulnerabili, sino ad una sua completa dissoluzione e riformulazione fenomenologica. Il dubbio ora è stato instillato e non abbiamo più la certezza dell’«è stato» di un’immagine fotografica. Ciò che vediamo esiste sì, ma esclusivamente sulla superficie bidimensionale senza necessariamente essere “già stato” in un altro momento spazio-temporale.
Ci voleva l’era digitale per fomentare quel “dubbio fenomenologico” (e non estetico/espressivo) che da sempre contraddistingue la vera Arte, quella cioè in grado di esulare dall’ovvio e dal banale per addentrarsi nel immaginifico e nello straordinario, anche quando affronta tematiche legate alla vita concreta e alla quotidianità più stretta.
Digital Brains è una mostra sull’universo mentale del digitale, visto non solo da un punto di vista tecnico ma anche, e soprattutto, da quello del pensiero, ormai completamente condizionato da questa tecnologia, non solo nella fotografia ma anche in ogni momento della nostra vita quotidiana.
In mostra opere di artisti affermati a livello internazionale e di giovani emergenti in grado di sostenere il confronto con questi maestri. I lavori di Davide Coltro, Giacomo Costa, Massimiliano Foscati, Francesco Garbelli, Robert Gligorov, Sara Magni, Barbara Nati, Jacopo Prina, Maria Cristina Spinato, Lamberto Teotino, compongono una grande collettiva che rispecchia fedelmente lo stato attuale e l’ottima salute di cui gode la fotografia e la sperimentazione digitale contemporanea.
Alessandro Trabucco
Digital Brains
28 aprile – 27 maggio 2010
c/o artandgallery
via Arese 5, Milano
opening: 27 aprile, h.19.00
artandgallery
ufficio stampa
[email protected]
tel.0299044222
Tags: analogica e digitale, collettiva fotografica, galleria d'arte contemporanea, mostra fotografica
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