No Banner to display

Article Marketing

article marketing & press release

Il sacro profanato e le attese disilluse

Siamo arrivate a Illegio cariche di speranze. Dal mare ai monti, sfidando le intemperie. E il tempo ci ha premiate. Il sole ha asciugato la pioggia del viaggio e ci ha fatto respirare il profumo che solo il Friuli ha: quel misto di familiare, piccante, autentico. Un sentimento indescrivibile, da provare. Che ti coglie nei vecchi muri, in un campanile e in uno squarcio di verde.

Le premesse erano buone. La compagnia ottima e allegra. Ad attenderci una delle mostre più conosciute a livello internazionale. Il cuore aperto ad accogliere le opere, anche laddove la ragione e la conoscenza facevano difetto. Apocrifi. Memorie e leggende oltre i Vangeli. Una mostra di gioielli incastonati nelle rocce del tempo e della memoria in un paese di poche anime, dove a guardarti furtivi erano i gatti non abituati a tanta gente.

Il paesaggio montano è di quelli semplici e puri. Di quelli che non ti colgono per vedute spettacolari, ma in cui puoi arrivare dritto allo spirito e all’essenza. Le opere spuntavano nel buio delle sale come dei fari ad illuminare il cammino. Certi dettagli, le sfumature di colore rosso, l’ombra di una mano impressa sulla carne, catturavano lo sguardo per imprimersi nella memoria.

Le scene quotidiane della Sacra Famiglia potevano essere pure ambientate nelle esotiche lande egiziane, ma parlavano di un Friuli semplice e quotidiano da vivere. I panni stesi, Maria che fila, la bottega di Giuseppe fabbro: un sentimento antico e perduto da rivalutare.

Tuttavia la forza e la carica delle opere erano sempre smorzate, avvilite nonostante cercassero di riemergere e far valere tutto il loro splendore.

In stanze piccole e anguste senza finestre e dalle pareti scure si schiacciavano le persone per sentire che cosa le guide (quattro, una per ogni settore in cui è divisa la mostra) avevano da riferire sulle opere. L’aria si faceva rarefatta, i brusii disturbanti, i quadri e le sculture sempre più lontani.

Dove era finito il contatto intimo e raccolto che si addice al tema della mostra? Dove la consapevolezza che le piccole stanze non riescono ad accogliere insieme quantità di persone, come possono invece i Musei Vaticani o gli Uffizi?

Spiace. Perché al di là delle storielle l’anima non c’era e nemmeno la passione. Bisognava andarle a cercare in un angolo silenzioso tra le montagne. Dove richiamare alla mente la capacità artistica dell’uomo che crea capolavori al pari della natura.

Spiace. Perché il senso di soffocamento ha impedito di vivere serenamente, come doveva essere, il pellegrinaggio tra le sale.

Spiace. Perché la mostra era stupenda e perdutamente rovinata allo stesso tempo.

Spiace. Perché resta un retrogusto amaro e, invece di rallegrarci, nel viaggio di ritorno ci siamo rammaricate.

Spiace. Perché era impossibile portarsi un ricordo della mostra cartaceo. Erano finite le stampe.

Spiace. Perché dopo averne sentito parlare così bene. Ne dobbiamo ora parlare male.

Piace confidare nel fatto che se ne potrà trarre insegnamento per il futuro.

 

Leave A Comment

Your email address will not be published.

Article Marketing