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Charles Dickens, un cratere di presunzione


Sono John Forster e vivo anch’io nella Londra industriale ottocentesca. Lo so, non avete idea di chi io sia e del perché vi stia scrivendo. Ma non ne posso più di sentirmi fare domande solo su Charles Dickens e sui suoi romanzi di critica sociale o inneggianti al Natale solidale, come Oliver Twist, Tempi Duri, Canto di Natale, dove decanta tanto le virtù solidali senza poi mettere nulla in pratica…nella mia vita ho fatto anche altro oltre a stargli dietro e scrivere la sua biografia. Concedetemi almeno questo spazio per sfogare le mie frustrazioni represse ormai da molti, troppi anni.
Il 25 dicembre del 1836 avevo una sorta di presentimento, sentivo che qualcosa sarebbe andato storto e che era meglio se fossi stato a casa. Ma il mio senso del dovere, ovvero mia moglie, mi disse di smetterla di fare il lupo solitario scaramantico e darmi una mossa per cominciare a crearmi una rete sociale e inserirmi nel ‘giro giusto’. Così misi l’abito elegante, ancora me lo ricordo era quello blu, e andai incontro al mio triste destino. Quella sera conobbi Charles Dickens. Mi sedetti al posto sbagliato e lo ebbi accanto per tutta la cena di Natale.
Presuntuoso ed egocentrico, parlò tutta la sera di sé: “ oh le dispense mensili del mio primo romanzo stanno andando veramente bene, bè del resto I quaderni postumi del Circolo Pickwick erano un successo annunciato…eheh” e “Sì, bè il Morning Chronicle non poteva fare altrimenti con me, non assumermi sarebbe stata la scelta peggiore per loro, in assoluto”. …ovvio che non era stato facile, si era sposato la figlia del direttore del giornale! Tzè. Questi poveri arricchiti non appena vedono qualche soldo entrargli in tasca e qualcuno per strada che li riconosce si dimenticano subito delle loro origini e credono di essere diventati degli dei. Ma non si rendono conto che non è sempre così facile, di circoli letterari ce ne sono tanti qui e qualcuno più bravo lo si incontra sempre, tipo quelle…come si chiamano…sì, le sorelle Brontë sembra stiano avendo molto successo. Eh, Londra non perdona.
Seppi poi che quella sera prese ispirazione per quello che poi sarebbe diventato il Canto di Natale: a suo dire, lo ispirai in qualità di tirchio e arido Mr Scrooge, protagonista del racconto, che non vuole aiutare nessuno neanche il giorno di Natale. Tzè, io ero veramente squattrinato, ma lui? La generosità e l’altruismo dovrebbero risiedere in mani nobili e prive di calli non in quelle di un povero arrampicatore sociale.
Comunque ai tempi io ero uno scapestrato e mia moglie voleva, come dicevo prima, che mi inserissi nel tessuto sociale anche a costo di fare il parassita. Così cominciai, a malincuore, a stare alle calcagna di questo Dickens. Ne seguii l’ascesa sociale e i successi, i viaggi negli Stati Uniti e in Italia, la fondazione del giornale Daily News nel 1846, la pubblicazione dei romanzi David Copperfield, Oliver Twist, Tempi duri, e tanto altro. Ah, quanta pazienza e riserbo dovetti avere in certe circostanze! Per esempio, quando traslocò nella villa di Regent’s Park sembrava un re in mezzo ai suoi sudditi, o almeno gli piaceva crederlo dopo aver visto gli scantinati di Camden Town. O quando dovetti cominciare a coprirlo perché sua moglie, Catherine Hogarth, non scoprisse nulla della sua relazione con l’attrice Ellen Ternan. Come se fosse facile, un giorno su tre era in Francia a spassarsela e io qui a tenere le fila del suo equilibrio familiare! Meno male che poi si separò dalla moglie e fece un po’ di chiarezza nella sua vita.
Quando ci fu quel terribile incidente ferroviario a Staplehurst dove sei carrozze del treno caddero da un ponte in riparazione ero a Hyde Park a riflettere se l’arrosto al curry potesse essere la giusta conclusione della mia giornata: seppi che l’unica carrozza in prima classe che si salvò era quella di Charles, ebbi un moto di rabbia. Non è possibile. Tutte a lui. Nasce povero e diventa ricco. Stramaledettamente ricco. Sposa la figlia del direttore del giornale per cui lavora, sforzi pochi e molti onori. Vive pensando solo a se stesso e lasciando ad altri, a me, gli oneri di gestione del suo lavoro costringendomi anche a dire balle alla moglie per coprire le sue tresche extra coniugali…e poi? E poi la sua è l’unica carrozza che si salva in uno dei più disastrosi incidenti ferroviari dei nostri tempi. Mah. Meno male che quando morì, cinque anni dopo l’incidente, il 9 giugno del 1870, dopo un glorioso funerale a Westminster gli dedicarono, in suo onore, un cratere sulla superficie di Mercurio. Solo un cratere poteva portare il suo nome.
Se fossi vissuto ancora probabilmente avrei vinto per il miglior scherzo mai realizzato…voi che dite?

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