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Moka: origini e leggende

L’invenzione della Moka risale al 1933, quando Alfonso Bialetti, mentre guardava la moglie fare il bucato, ebbe l’idea che di lì a poco avrebbe rivoluzionato il modo di fare il caffè. A quei tempi, per lavare i panni, si usava la “lisciveuse”, una grossa pentola munita di un tubo cavo con la parte superiore forata. L’acqua, messa nel recipiente insieme alla biancheria e al sapone, bollendo saliva per il tubo e ridiscendeva sul bucato sfruttando bene la lisciva, il detersivo di allora. È dunque da un’osservazione del tutto casuale, dettata dalla volontà di creare un oggetto capace di portare la produzione del caffè anche tra le mura domestiche, a dar vita alla caffettiera come la conosciamo noi, oggi. (leggi “Cuccumella, che passione!)
Ma perché la scelta di un nome così particolare? Perché chiamarla proprio Moka? Ebbene, nello Yemen, regione araba in cui, circa 500 anni fa, arrivarono i primi chicchi di importazione Etiope, esiste una città proprio di nome Mokha, famosa per essere stata,tra il XV e il XVII secolo, il maggior mercato per il caffè al mondo. Per la posizione strategica del suo paese, crocevia delle rotte carovaniere, ed essendo dotata di un porto privilegiato, Mokha diede un fortissimo impulso alle esportazioni e, ancora oggi, la quasi totalità della produzione è destinata ai mercati esteri. La storia, quindi, rende Mokha una delle più importanti città legate alla tradizione del caffè, ma anche numerose leggende sull’origine del chicco nero (leggi “Le origini del caffè”) sono ambientate nella città yemenita. Eccone una:
           < Apparsogli un angelo, fu incoraggiato a proseguire verso quella città dove infuriava una terribile peste. Qui, con le sue preghiere ad Allah, riuscì a guarire molti malati e persino la figlia del re, della quale si innamorò. Il Re però allontanò il monaco, il quale, costretto a vivere nella solitudine della montagna, per appagare la fame e la sete, dovette invocare l’aiuto del suo maestro, il quale gli inviò un magnifico uccello dalle piume variopinte e dal suadente canto. Destato e sollevato dal melodioso canto, Omar si avvicinò per ammirare l’uccello e, giunto sul posto, vide un albero rivestito da fiori bianchi e frutti rossi: la pianta del caffè. Colse alcune bacche e ne fece un decotto dalle virtù salutari che, spesso, offrì ai pellegrini che riceveva nel suo rifugio. Sparsasi la notizia delle qualità magiche della bevanda, il monaco venne riaccolto nel regno con grandi onori>>
Il nome Moka, quindi, essendo così legato alle origini del caffè, non poteva che essere la denominazione perfetta per la macchina che ci ha permesso di assaporarlo anche nella comodità di casa.

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