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Panorama intervista Flavio Cattaneo

“Potremmo fare investimenti per miliardi di euro aprendo i cantieri in pochi giorni. Potremmo migliorare ulteriormente la rete per la trasmissione dell’energia. Sarebbe un bene per le famiglie e per le imprese che consumano l’elettricità. Per i produttori e per l’intero Paese. Ma la burocrazia blocca tutto.”

E’ un fiume in pienaFlavio Cattaneo, AD di Terna che gestisce 62mila km di impianti di trasmissione dell’elettricità, 7ma al mondo per dimensione ma che deve fare i conti con l’italianissimo problema delle autorizzazioni. Ogni volta che deve anche solo cambiare un cavo in un elettrodotto. Oggi Cattaneo è uno dei pochi manager ad avere i soldi per gli investimenti. Tutti gli chiedono di farli. Però c’è sempre un timbro, un nulla-osta che ostacola il cammino. “Perché ci sono tante strozzature nella rete di trasmissione elettrica?”, chiede il giornalista al numero uno di Terna. “Gli impianti per la produzione di energia sono stati costruiti dove possibile. Anche questa è una conseguenza delle procedure burocratiche”. Per questo motivo alcune regioni hanno più energia di quanta gliene serva e altre che non hanno neanche quella necessaria.

“Dobbiamo prendere l’energia dove si produce – spiega Cattaneo – e portarla dove non c’è. E qui ci troviamo di fronte alla burocrazia. Alle procedure bizantine”.

Per superare i colli di bottiglia bisogna fare investimenti, ma vi viene impedito?

“Spesso le stesse regioni che hanno rifiutato di ospitare impianti di generazione di energia fanno
resistenza sugli elettrodotti”. L’amministratore Delegato di Terna conferma che sarebbe in grado di
aprire i cantieri per la disponibilità all’investimento: “Oggi investiamo il quadruplo rispetto a 5
anni fa: 800 milioni di euro l’anno. Abbiamo 300 cantieri aperti per 1,1 miliardi di investimenti ma ci
sono ancora sei opere strategiche bloccate in attesa di autorizzazione”.

La parola d’ordine è investimenti: “in tutto per i prossimi anni – racconta Cattaneo – abbiamo
programmato 6 miliardi di euro di spesa per connessioni con le isole, ponti elettrici con i Balcani, dai quali potremo importare energia a basso costo da fonti rinnovabili direttamente nelle regioni del Centro, come Marche e Abruzzo, che hanno un robusto fabbisogno. Tutti investimenti a costo zero per lo Stato – sottolinea l’AD – e a doppia vincita, come dicono gli americani. Noi investiamo, evitiamo l’imbottigliamento e riduciamo anche i costi di sistema”.

E i costi per i consumatori? “Le strozzature si pagano – fa notare il numero uno di Terna – L’impianto che non riesce a trasportare energia prodotta assorbe soldi che vanno a carico dell’utente. Se potessimo realizzare tutti i 6 miliardi di investimenti in tre-quattro anni, gli utenti pagherebbero circa 480 milioni in più per la voce trasmissione ma, nella stessa bolletta, risparmierebbero 1,5 miliardi di oneri di sistema. Risultato? Gli utenti pagherebbero 1 miliardo in meno ogni anni. Insomma, con questi investimenti ci guadagnano tutti: Paese, consumatori, imprese”.

Ma che peso hanno le amministrazioni locali? Con il federalismo cosa accadrà?

“Considero il federalismo una cosa positiva – afferma Cattaneo – ma per l’energia è un disastro. L’
energia è una di quelle materie, specie per le reti strategiche di infrastrutture, che dovrebbero
rimanere in mano a un unico soggetto. Si pensi alle elezioni. Non c’è opera per la quale non dobbiamo aspettare sei mesi qui e poi sei mesi là perché c’è una qualche votazione. E nessuno vuol decidere in quel frangente di passare sul campo di Tizio o di Caio”

Il fermo, chiede Panorama, non è solo colpa delle commissioni VIA (Valutazione impatto ambientale)?

“Il problema, risponde il top manager, non è capire dove stanno fermi oggi i progetti ma gli
innumerevoli passaggi previsti dalla procedura. Sarebbe necessario definire un piano nazionale e in base a quello procedere. Non è nemmeno questione di partiti – specifica Cattaneo – tutti i politici sono favorevoli, poi subentrano elementi burocratici che frenano tutto”.

Propone un commissario straordinario, chiede il giornalista?

“Per le opere ferme e da sbloccare non sarebbe sbagliato e non parlo solo delle nostre. Ma il problema è di fondo: dobbiamo diventare un Paese normale con procedure più snelle. Oggi la legge impone di darci risposte entro 180 giorni, ma negli ultimi cinque anni nemmeno una è arrivata nei tempi previsti. E nessuno paga pegno, sottolinea Cattaneo. Non possiamo metterci a care causa al funzionario in ritardo. Il problema è riuscire a completare l’opera. Non bastano 180 giorni? Prevediamone 360, poi basta. Se non c’è risposta si facciano i lavori con il silenzio assenso”.

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