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Antonio Genovesi, personalità creativa dell’Illuminismo italiano e napoletano inparticolare, introdusse nell’economia il concetto di pubblica felicità, affermando che questadisciplina doveva servire ai governi per alimentare la ricchezza delle nazioni, aiutando cosìl’uomo ad uscire dallo stato di oscurità. Certamente lo stato di palese pubblica infelicitàche costatiamo in questi giorni, ci fa quanto meno dubitare che i nostri governanti sianoesperti in questa scienza, visto che nel nostro paese esistono risorse sufficienti perché tuttipossano condurre una vita dignitosa e onesta.Attingendo alla tradizione italiana dell’Economia Civile, che affonda le sue radicinell’Umanesimo e di cui Antonio Genovesi è un importante esponente, in questo brevearticolo integrerò alcuni contenuti di una lezione di Luigino Bruni su imprenditorialità emercato, tenuta alla Summer School AvoLab nel settembre scorso (chi vuole puòascoltarne il podcast a questo link: http://www.edc-online.org/it/audio-e-video/areapodcast/2731-podcast-avola-sr-28092012.html), che di questo filone del pensieroeconomico è autore e interprete dei nostri giorni.Per Bruni, l’imprenditore è una persona che ritrova in sé alcune caratteristiche che non èfacile avere: dunque l’imprenditorialità è un talento, una vocazione che non tutti hanno. Eper fare impresa possiamo avere tutti i mezzi necessari come capitale, persone, strumenti…ma se non c’è l’imprenditore, l’impresa non funziona.La prima caratteristica che egli individua è la propensione al rischio e all’incertezza.Normalmente, gli essere umani hanno una naturale avversione al rischio. Tra un eventocerto e uno incerto, la maggioranza degli uomini e delle donne sceglie il certo,accontentandosi anche di un beneficio minore. Per l’imprenditore, invece, il gareggiare, ilrischiare, possiamo dire sono parte del suo divertimento. Ha una passione per la gara in sée non soltanto per il risultato finale. Naturalmente qui non si tratta del rischio della lotteriao di quello che corrono gli speculatori. Si tratta bensì di un rischio che l’imprenditoreassume perché le imprese importanti nella vita sono rischiose e le scelte che portano fruttosono quelle che sono esposte al non successo. E’ dunque una persona che ha la capacità diconvivere con l’incertezza e se necessario sa stare anche sull’orlo del baratro. E’ uninquieto. Non si accontenta di quello che ha; un elemento della sua personalità è lacaratteristica di spingere sempre i paletti in avanti, accogliere nuove sfide in cuicimentarsi.La seconda caratteristica dell’imprenditore è l’innovazione. Bruni riprende il punto di vistadell’economista austriaco Shumpeter, secondo cui l’imprenditore è il protagonista dellosviluppo economico, perché innovando crea valore aggiunto, introducendo dinamicità inun sistema altrimenti stazionario. E’ dunque un creativo che introduce un’invenzionetecnica, una nuova formula organizzativa, nuovi prodotti o nuovi mercati e fa sì chel’impresa possa creare ricchezza. La mentalità innovativa lo spinge ad andare oltre lasemplice risposta a bisogni attuali osservabili, anticipando i tempi e creandone di nuovi.Henry Ford disse che se avessero chiesto agli americani di cosa avessero bisogno, questiavrebbero risposto “una carrozza più veloce”, non l’automobile. Corollario di questacaratteristica è la capacità dell’imprenditore di comunicare in maniera vincente, sapernegoziare, insomma vendere la sua innovazione. Indicativa è la battuta dello stesso Ford,in riferimento alla prima auto prodotta su grande scala, la celebre Ford T (era disponibilesolo di colore nero): “ogni cliente può ottenere una Ford T colorata di qualunque coloredesideri, purché sia nero”.La caratteristica dell’innovazione getta luce su una distinzione importante: quella traimprenditore e speculatore. L’imprenditore non è un soggetto che cerca profitti comeprimo scopo. L’imprenditore è una persona che ha delle idee, che anticipa i tempi, checostruisce qualcosa che crea ricchezza per sé e per gli altri e che dunque, sicuramentepersegue anche il profitto ma non come obiettivo principale. Fare soldi è invece obiettivoprincipale dello speculatore, che è un soggetto che fondamentalmente lavora suidifferenziali dei prezzi. Lavoro che si può fare onestamente ma che non ha la prerogativa dicreare ricchezza al pari di quello più genuinamente imprenditoriale.Lo scenario in cui opera l’imprenditore è naturalmente il mercato. Nella prospettiva diAntonio Genovesi il mercato è visto come un insieme di team, di gruppi – clienti, fornitori,stakeholders diremmo oggi – che agiscono intenzionalmente per il mutuo vantaggio.Questa visione conduce a considerare la competizione e la cooperazione presenti nelmercato e nelle organizzazioni che in esso operano come facce di una stessa medaglia,come aspetti non dicotomici, ma realtà in cui le analogie prevalgono sulle differenze.Se è vero che spesso le organizzazioni entrano in crisi per troppa competizione, è altresìvero che l’assenza di competizione significa privare un contesto di preziosi stimoli per unasana crescita verso traguardi più alti. Un esempio calzante è quello dello sport, dove ilconcorrente diventa un aiuto prezioso per la conoscenza dei propri limiti e uno stimolo asuperarli per poter in questo modo trascendersi e raggiungere livelli di eccellenza. Cosìcome all’interno di un’organizzazione, cooperazione e sana competizione convivono inpositiva sinergia, in funzione del miglioramento di tutti i membri che la compongono per ilraggiungimento degli obiettivi stabiliti, allo stesso modo il mercato è il luogo dove l’azionecongiunta di cooperazione e competizione, conduce a un mutuo vantaggio per i soggetticoinvolti.L’idea di mutuo vantaggio, che nella visione classica della teoria economica è realizzatadalla “mano invisibile”, che traduce automaticamente interessi egoistici in bene comune,nella visione di Genovesi e attuale dell’Economia Civile diventa un atto intenzionale, oltreche oggettivo.Questo significa leggere il mercato anche come un insieme di rapporti, di beni relazionali,come un luogo di crescita comune e non un luogo dove semplicemente si incrocianoegoismi indifferenti.Questa visione che potrebbe sembrare retorica e idealista, in realtà tende a promuovere lacrescita delle persone che agiscono nel mercato e nell’impresa, situandole nella legge dellareciprocità, che permette che le relazioni si rafforzino nella mutua dignità. Secondo questaregola un intervento che non aiuti tutte le parti coinvolte non può essere di autentico aiutoper qualcuno. Un imprenditore civile, secondo Bruni, non dovrebbe darsi pace finché lepersone incluse nella sua impresa non si sentano utili all’impresa e alla società, e nonassistiti da un filantropo o da un’istituzione. Questa condizione potrebbe darsi luogo adesempio nei casi previsti dalla legge, in cui soggetti svantaggiati sono inclusi dentrol’impresa. Certo in questo caso è evidente che il mutuo vantaggio non si realizzaautomaticamente, necessita di creatività e lavoro: tuttavia quando ciò si realizza il mercatoe l’impresa diventano strumento di civiltà e crescita umana.
Tags: economia, imprenditore
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