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Commissioni interbancarie sui pagamenti: chi resta col cerino in mano?

A Bruxelles si discute una proposta per una nuova regolamentazione sui pagamenti elettronici, ma tagliare le interchange fee può diventare un’arma a doppio taglio, soprattutto per i consumatori come insegna il caso spagnolo. Entro l’estate le decisioni della Commissione Europea.
Novità in vista sul fronte dei pagamenti attraverso le carte di credito. La Commissione Europea sta infatti valutando possibili provvedimenti per rendere più trasparente l’uso delle carte, disincentivare l’uso del contante e limitare la black economy aumentando la tracciabilità dei pagamenti. Intenzioni, queste, già sottolineate lo scorso anno nel Libro Verde sul mercato dei pagamenti elettronici pubblicato dalla Commissione e tornate di stretta attualità in questi giorni.
Una bella notizia in un Paese in cui un terzo dell’economia risulta sommersa. Dagli ultimi dati Eurispes infatti in Italia la black economy vale tra i 529 e i 540 miliardi di euro, più di un terzo del Pil ufficiale. Per il 2011 il volume stimato del sommerso è di 540 miliardi, pari a circa il 35% del Prodotto interno lordo italiano. Non a caso colpisce il dato secondo cui metà degli italiani dichiara meno di 15 mila euro e solo lo 0,9% ha dichiarato più di 100mila euro. Quanta evasione ed economia sommersa si nasconde dietro questi dati?
Sicuramente i sistemi di pagamento elettronico che tracciano “il giro dei soldi” è di enorme aiuto per combattere questi fenomeni che tolgono ossigeno alla macchina statale e mettono in svantaggio chi segue le leggi pagando tributi e tasse come tutti dovrebbero fare.
Fa quindi discutere il fatto che entro l’estate il Parlamento Europeo dovrebbe disporre il taglio delle commissioni interbancarie (interchange fee) che accompagnano ogni acquisto attraverso una carta di pagamento. Commissioni che, è bene ricordarlo, in Italia vengono pagate dagli esercenti, mentre il consumatore ha dei costi solo come possessore della carta di pagamento.
L’idea di Bruxelles è di sgravare i commercianti dai costi sulle transazioni auspicando parallelamente benefici anche per i consumatori, attraverso la riduzione dei prezzi di merci e servizi.
Attenzione però, perché il passaggio potrebbe non essere così immediato e lo studio dell’Università Rey Juan Carlos di Madrid lo testimonia, raccontando nei numeri quello che è successo in Spagna, dove le commissioni sono state ridotte per legge di oltre il 57% tra il 2006 e il 2010.
Nel Paese iberico si è infatti registrato un netto calo dei costi per gli esercenti per circa 2,3 miliardi ma contemporaneamente anche l’aumento per i consumatori del 50% con un carico aggiuntivo di 2,35 miliardi per usare le proprie carte. In altre parole il costo che prima era suddiviso tra commercianti e utenti è ricaduto in toto su questi ultimi che hanno visto salire quelli de servizi finanziari. Le società che gestiscono i sistemi di pagamento hanno fatto girato le spese sugli utenti attraverso l’aumento dei canoni per le carte. Inoltre, non ci sono evidenze che i risparmi dei commercianti siano stati trasferiti ai consumatori sotto forma di riduzione dei prezzi per le merci e i servizi. Anzi si ha avuto evidenza del massiccio ritorno all’utilizzo del contante limitando così i benefici della lotta al cash e agli incentivi per l’utilizzo della moneta elettronica tanto care al fisco di ogni moderno paese.
Questo ha disincentivano anche gli investimenti in innovazione per i pagamenti elettronici tanto utili ad esempio per il così detto commercio elettronico generato da internet che cresce con tassi a doppia cifra ed è una realtà oramai imprescindibile nel panorama degli acquisti degli italiani come degli spagnoli.

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