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Lo dice la Classifica OCSE e lo ripetono tipo tam tam tribale tutti i giornali del mondo. La parola “Crisi” è ormai sulla bocca di tutti, da mesi, e sembra non volersi allontanare dai nostri portafogli. Ma alla fine gli italiani sembrano andare lo stesso in vacanza, magari meno giorni, comprano macchine, magari a rate, si lamentano a parole, ma in quanto a fatti.. molto pochi. Quando però ci si imbatte nei grafici, lo schiaffo fa ancora più male: basta guardare la posizione dell’Italia nelle varie classifiche stilate dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, Associazione intergovernativa che raduna 29 paesi che si proclamano ad economia di mercato con sede a Parigi. Secondo questi studi, l’Italia perde il -7% sul reddito nel triennio 2007/2010, il nostro livello di produttività è appena al di sotto della media nel periodo 2001/2008 e siamo al l’unico paese con andamento negativo con il salario al 23esimo posto della classifica (su 30) con un -16% rispetto la media. (rapporto Ocse “Taxing Wages”). « Tra i paesi OCSE, l’Italia impone relativamente una pressione fiscale e contributiva tra le più elevate. Un dipendente non coniugato con reddito medio percepisce una remunerazione netta effettiva inferiore al 55% del costo del lavoro totale sostenuto dal datore di lavoro» si legge sul sito dell’OCDE.
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Sempre l’OCSE afferma che «Rispetto al comunicato stampa del mese scorso, i segni della presenza di un punto di svolta del ciclo economico per gli Stati Uniti, Giappone e Russia sono più forti. Gli Indicatori Compositi di Canada, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Brasile, Cina e India continuano a indicare un rallentamento dell’attività economica..».
In tutto questo a perdeci, e molto, sono i giovani. Non era semplice prima, uscire dall’Università – quando si riusciva a terminare gli studi: il 47,2% degli italiani in età 25-64 anni ha conseguito la sola licenza di scuola media inferiore – entrare nel mondo del lavoro, attualmente è ancora più difficile non solo trovarlo, ma anche tenerselo ben stretto. È proprio di luglio la dichiarazione del Presidente della Repubblica Napolitano «Il problema dei giovani non impegnati ne’ in un lavoro ne’ in un percorso di studio e formazione, è oggi il problema numero uno se si guarda al futuro dell’Italia. Dobbiamo guardare al futuro e ciò significa in sostanza guardare alla condizione dei giovani e alle troppe debolezze e strozzature del nostro sistema economico e civile che occorre superare per garantire ai giovani un futuro sostenibile e dinamico».
Non occorre aggiungere altro, siamo tutti a conoscenza della nostra personale situazione. Ma noi abbiamo una carta in più. Se il lavoro non c’è, ce lo creiamo.
Tags: CRISI ECONOMICA, disoccupazione, giovani e crisi, Precariato
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