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Il web 2.0 ha cambiato le regole del marketing.

Per approfondimenti:
http://www.competenzemanageriali.it/

Fino a ieri si parlava di sito internet aziendale, di email, di modulo contatti… oggi nel sito si entra solo successivamente, se si è già interessati a qualcosa di cui si ha notizia. E le notizie, il navigatore, le trova su Facebook, le sente da amici, le incontra sui social network che frequenta.
Il mutamento nei modi di produrre ma anche di inventare tramite le nuove tecnologie portano all’impresa possibilità immense. Il web offre nuove opportunità, anche nel fare marketing, tramite i media sociali, o social network, consentendo di aprire strade nuove.
Forum, chat, network di informazione come Yahoo! Answer e tanti altri spazi virtuali dove gli utenti si incontrano, diventano il luogo che l’azienda deve presidiare per alimentare il passaparola positivo e attenuare quello negativo.

Secondo una ricerca commissionata dalla Society of New Communications Research, effettuata su 260 manager e professionisti statunitensi di marketing e comunicazione, gli investimenti pubblicitari nei social media e in altre forme di marketing conversazionale sorpasseranno quelli sui media tradizionali entro il 2012.

*-l’81% dei manager intervistati prevede di spendere per il marketing conversazionale almeno quanto spende nel marketing tradizionale entro il 2012, mentre 2/3 di questi manager pianificano di aumentare questi investimenti già dal prossimo anno.
-Più del 50% pensa di arrivare a spendere più nel marketing dei social media che in quello tradizionale nei prossimi cinque anni.
-Il 24% degli intervistati pensa che nei prossimi 5 anni la spesa in conversational marketing eguaglierà quella per il marketing tradizionale

Le nuove forme di socialità, proprie delle reti che nascono sul web, portano in queste comunità un fattore aggregante che le imprese possono vedere come terreno fertile per svolgere attività di marketing. Molti servizi Web 2.0 permettono infatti di abbinare ai contenuti proposti un feedback proveniente da altri utenti (commenti, valutazioni); ciò contribuisce a rinforzare la credibilità del servizio (altri utenti hanno usato il servizio o comprato il prodotto ed un commento positivo influenzerà gli altri) e ad innalzare la reputazione dell’azienda.

Ma le opportunità sono infinite: il potere acquisito dal consumatore, se è vero che potrebbe creare problemi all’impresa, consente ad essa un feedback, una relazionalità sconosciuta in passato, che le consente il passaggio da una logica della transazione ad una di relazione, con evidenti vantaggi in tema di fidelizzazione.
L’altra faccia della medaglia è il pericolo circa feedback negativi. Oggi per essere competitivi sul mercato è necessario badare molto alla reputazione che un prodotto/servizio/azienda possiede in rete, spostando la maggior parte di tempo e risorse aziendali dalla cura del sito o dalle varie campagne di web advertising, sul cosiddetto “buzz marketing”, cioè il monitoraggio e la gestione delle opinioni di una comunità di utenti circa un prodotto/marca.

A causa di questo, le aziende devono tenere sempre più considerazione di quanto viene detto o scritto sul web circa il proprio brand o un prodotto.
Ma questa può essere vista anche come opportunità: il marketing di massa diventa marketing ono-to-one, magari più complesso da gestire ma sicuramente estremamente più efficace. La ricerca del dialogo, la creazione di nuove responsabilità nell’azienda ma anche di corresponsabilità del cliente (nel suo partecipare attivamente) crea mercati estremamente fluidi e vivaci, nei quali l’azienda non è più vista come esterna alla community ma parte di essa. Non è più il nemico, insomma. E in una attività di marketing la cosa è estremamente importante. Gli appartenenti a quel network accetteranno i messaggi dell’azienda come accettano quelli di qualsiasi altro partecipante a quella community. Il dialogo è tra pari.

Marketing 2.0 – L’utente come canale di vendita grazie all’approccio conversazionale

Per questo piu’ che di Marketing si dovrebbe parlare di Societing. Il prodotto “consigliato”, il servizio offerto, devono essere rispettosi delle regole della community ed essere offerti seguendo precise regole.
In sintesi: creare una community attorno al proprio marchio è sempre stato uno degli obiettivi del marketing tradizionale: la cosa resta anche nel marketing 2.0 e si rafforza.

Se per alcuni brand non occorre stimolare il senso di appartenenza, anzi, lo stesso è già nel marchio (si pensi ad Harley Davidson, alla Ferrari), per altri brand c’è bisogno di strategie creative in grado di risvegliare il bisogno di appartenenza. Una ottima strategia è quella della Ferrero, che punta non su un prodotto ma sui bisogni correlati ad esso (genuinità, ingredienti naturali, famiglia). Entra in gioco dunque l’animazione: la community non deve essere abbandonata a sé stessa. Una volta creata occorre stimolarla, ascoltarla offrire qualcosa.

Se vogliamo definire con più precisione gli obiettivi che dovrebbe prefiggersi una campagna marketing 2.0 potremmo indicare:

Crowdsourcing: coinvolgere gli utenti nella concezione stessa del prodotto o del suo marketing: la community diventa parte attiva nella produzione o nella commercializzazione

CRM:
il social media marketing estende la sua forza al di fuori della community: si creano strumenti, gadget, viral o altro in grado di estendersi oltre i confini degli iscritti e attirare nuovi clienti

Estensione mercato:
un prodotto o servizio viene fatto conoscere grazie al meccanismo “share to a friend”, via blog, mail, Twitter, Facebook, Friendfeed, etc.. Un gruppo anche minimo di close friend può generare molti contatti

Chiediamoci sempre quale sia lo scopo di una campagna marketing: sicuramente sarà creare un rapporto di vicinanza con i consumatori, dando rilievo all’immagine del brand, creando un senso di appartenenza, anche di esclusività in taluni casi.
Una cosa da evitare: puntare sul prodotto e non sull’emozione.
Il problema nasce quando le community si basano essenzialmente sul prodotto e non su un bisogno o interesse ad esso correlato. Soprattutto per i brand del largo consumo, se questi non sono sufficentemente emblematici e con valore aggiunto, una community 2.0 potrebbe risultare uno sforzo vano.

Tra i social network utilizzabili sicuramente c’è Facebook, fenomeno più sociologico-antropologico che tecnologico. Se l’azienda ha la pazienza di costruire pian piano la propria community, senza fretta, nè con l’idea di ricavarne un profitto immediato, potrebbe giovarsi non poco del bacino di utenza di questo social network ma il fine forse deve essere più quello di rafforzare il brand, di fare PR più che vero e proprio marketing,

E’ difficile che Facebook da solo generi dei fan senza che il brand sia già attraente e consolidato e senza soprattutto che ci sia una strategia integrata. Non basta aprirsi la Fan Page su Facebook, specie se non sei Yamaha ma hai solo una concessionaria di motocicli.
Se inoltre è vero che oggi tutta l’attenzione è concentrata su Facebook occorre anche capire che non esiste solo Facebook. Ci sono altri Social e altre Community che magari potrebbero aiutarci o fare al caso nostro.

Per chiudere, un’azione di marketing 2.0 richiede un approccio totale e diverso rispetto al marketing tradizionale. L’azienda, oltre a sapersi organizzare internamente, deve riuscire a far passare all’esterno questo messaggio di cambiamento. La comunicazione è la chiave. E la comunicazione passa attraverso una azione combinata. Possiamo trovare diversi punti focali in questa ottica:

– Utilizzare, nei casi adeguati, un Corporate Blog, per prendere spunto dalle osservazioni fatte direttamente dai clienti per migliorare la qualità dei propri prodotti, ma soprattutto per costruire un territorio comune fra i consumatori e l’azienda. Avvicinare l’azienda al cliente.
– Mettersi sullo stesso piano del cliente, in modo che questi poi imparerà a fidarsi dell’azienda e ad ascoltare ciò che questa ha da dire, esattamente come già fa l’azienda nei suoi confronti.
– Individuare con precisione il proprio target e “coccolarlo”: non si può essere interessanti per tutti. Ma una volta trovata la propria nicchia, trattare “con i guanti” le persone interessate.
– Il dialogo con i clienti deve essere biunivoco ed aperto: occorre spendere tempo e risorse per alimentare questo dialogo e tenerlo vivo. Quando il pubblico si sentirà coinvolto e accolto adeguatamente in una struttura – sia anche essa un semplice corporate blog o una wiki – vorrà parteciparvi attivamente.

Per questo la presenza aziendale deve essere capillare ma non invasiva, costante ma non aggressiva.

Il marketing 2.0 dovrebbe appiattire le differenze tra il NOI (azienda) e il VOI (cliente).

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