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Il tasso di disoccupazione è uno dei pochi dati economici di cui i politici italiani negli ultimi decenni hanno citato gonfiando il petto, essendo migliore rispetto a quella della media dei 17 Paesi Euro. Una spiegazione su come esso sia costruito può far capire che la verità è ben diversa: il tasso ufficiale di disoccupazione di tutti i Paesi contempla le persone iscritte al Centro di Collocamento; i non iscritti, se privi di lavoro, sono invece considerati ‘inattivi’. Tale criterio presenta una grave lacuna: mentre è corretto non ritenere disoccupato un pensionato od una casalinga, è errato non conteggiare il cosiddetto ‘scoraggiato’ che ha rinunciato ad iscriversi al Centro di Collocamento ma che vorrebbe realmente lavorare. Pertanto, quanto più è alta la percentuale di scoraggiati, quanto più il tasso ufficiale di disoccupazione è approssimato per difetto. Si stima che in Italia, a causa della scarsa efficienza dei Centri di Collocamento, la percentuale degli scoraggiati è molto più corposa di quella degli altri Paesi. Tutto ciò rende insignificante un confronto. Quindi, affermare che la situazione occupazionale del nostra Paese (8,1%) sia migliore di quella di molti altri Stati (area Euro 9,9%) , non corrisponde a verità. Gli unici dati paragonabili al tasso ufficiale della disoccupazione italiana, sono quelli passati, ed in tal caso, è evidente il balzo negli ultimi due anni, nonostante il lieve calo degli ultimi mesi. Di certo non aiuta il basso costo della manodopera dei paesi dell’Europa Orientale e della Cina, che spinge le aziende italiane ad aprire filiali all’estero.
Riccardo Fracasso
Tags: borsa, Cassa Integrazione, crisi, disoccupazione, finanza
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