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Secondo molti studi, l’uso della musicoterapia in gravidanza rappresenta uno strumento terapeutico di rafforzamento psicologico molto importante per le future mamme e i loro bambini, ne abbiamo parlato con un’esperta.Psicologa, musicoterapeuta e specializzata in psicologia della voce e della musica. Raffaella Pellegrini conduce attività di ricerca presso l’Università Cattolica di Milano e studia la comunicazione vocale dell’empatia, la vocalità cantata e il respiro come mezzo di facilitazione delle azioni congiunte e della sintonizzazione emotiva.Ha la musica nel suo DNA, fin da bambina si è dedicata alla musica studiando chitarra classica e canto moderno e ora progetta e gestisce laboratori nell’ambito di terapia, promozione del benessere e riabilitazione presso centri educativi e sanitari. Questo le ha sempre trasmesso un profondo senso di appagamento, di autentica “sintonia”, con se stessa e con gli altri. Raffaella si racconta per noi di Mamme nella Rete. Un’intervista realizzata in due puntate dove esploreremo l’incontro con la musicoterapia e i vari ambiti cui essa si può applicare.Mamme nella Rete – Come si è svolto il tuo percorso verso la musicoterapia?Raffaella Pellegrini – “Nel mio percorso di studi ho avuto occasione di approcciarmi alla psicologia della musica e poco dopo alla sua naturale applicazione, la musicoterapia. L’esperienza pratica è andata di pari passo con la ricerca scientifica, innescando un circolo virtuoso di reciproco sostentamento: la ricerca permette di capire i processi su cui si fonda l’efficacia di determinate tecniche, mentre la pratica solleva ogni volta nuove, importanti domande di ricerca.”MNR – Quali sono le origini della musicoterapia? Chi l’ha inventata?RP – “Le sue origini si perdono nei millenni: già nell’antico Egitto e nell’antica Grecia la musica veniva utilizzata a scopo terapeutico; lo stesso avveniva in Asia Minore, India e Cina. Si pensi anche al racconto di Davide e Re Saul o al mito di Orfeo ed Euridice. In diverse tribù ancora oggi la musica e i suoni vengono utilizzati per curare malattie a opera di sciamani o ‘sacerdoti medici’. Ripercorrere la storia della musicoterapia non è quindi cosa facile, e non si può realmente parlare di un ‘inventore’ di questa disciplina.”MNR – Quindi non esiste un solo tipo di musicoterapia.RP – “Esistono molteplici approcci che si rifanno a modelli psicoterapeutici differenti: psicodinamico, comportamentista, transazionale, sistemico, umanistico ecc. Ciascuno di questi ha uno specifico quadro teorico di riferimento, che definisce in maniera peculiare la persona (il “paziente”) e la relazione col terapeuta. Si avvale di conseguenza di un insieme di metodi e tecniche coerenti con tali presupposti e diversi da modello a modello.”MNR – Ad esempio?RP – “Attualmente la Federazione Mondiale di Musicoterapia riconosce cinque diversi modelli di musicoterapia: il Modello Benenzon, il Nordoff-Robbins, quello junghiano di Mary Presley, il Modello G.Y.M. (Immaginario Guidato e Musica) e quello comportamentista nordamericano Beveral Music Therapy. Attualmente la musicoterapia è riconosciuta in molti paesi ed esistono percorsi professionalizzanti formalizzati sia in Università che entro importanti Centri privati. In Italia invece non è ancora stata riconosciuta a tutti gli effetti.”MNR – Qual è il campo in cui la musicoterapia si rivela più efficace?RP – “Non esiste un campo in cui la musicoterapia sia più o meno efficace; in alcuni ambiti esiste maggiore documentazione scientifica rispetto ad altri. Il crescente interesse della ricerca per la psicologia e neuropsicologia della musica sta contribuendo a fornire fondamenti sempre più solidi e accreditati agli interventi a base musicale, sia nell’ambito dell’educazione che della riabilitazione. Ma la ricerca sperimentale non è la ricerca sul campo: valutare l’effetto del ritmo sul movimento o della tonalità del brano musicale sull’umore di una persona non è altrettanto complesso che valutare l’effetto del suonare una certa canzone, in un certo momento del percorso musicoterapico. La ricerca sperimentale sta fornendo tasselli importantissimi perché le pratiche e le tecniche musicoterapiche possano essere sempre più consapevoli ed efficaci, ma ci vuole ancora tempo.”MNR – La musicoterapia e le sue applicazioni…RP – “Oggi il campo di applicazione è decisamente vasto, la musica influenza una varietà notevole di processi fisiologici, neurologici, cognitivi ed emotivi; può realmente sostenere tanto processi di riabilitazione che di promozione del benessere. Un esempio è l’uso della terapia nel sostegno alla riabilitazione neuropsicologica, logopedica, fisioterapica, nell’intervento sui disturbi psichiatrici e dell’umore, nel potenziamento di abilità cognitive e creative, nella promozione delle capacità sociali e comunicative e altri ancora.”MNR – Ci sono prove scientifiche che la musica possa guarire alcune patologie?RP – “La musica non ha in sé e per sé potere curativo. Molto dipende dalla qualità della relazione e della metodologia utilizzata. È provato invece che la musica influenza molteplici aspetti del nostro funzionamento psico-fisico: processi fisiologici, neurologici, emotivi e cognitivi. L’influenza della musica su questi processi da un lato, e la sua enorme diffusione a livello sociale dall’altro fanno della musica uno strumento unico nel suo genere per la riabilitazione e il potenziamento delle risorse personali.”La musicoterapia, dunque, come ci ha spiegato la dottoressa Pellegrini, può essere applicata in diversi campi della medicina, ma non ha solo un approccio terapeutico curativo, come vedremo nei prossimi giorni, nel seguito di quest’intervista, la musica può essere usata per accompagnare le future mamme nelle varie fasi della gravidanza e per contribuire positivamente allo sviluppo del feto.
—Il blog di Raffaella Pellegrini – psicologiadellamusica.blogspot.comPer info e foto: [email protected]www.mammenellarete.it – Facebook – Twitter
Tags: benessere, gravidanza, musica, musicoterapia, Pellegrini
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