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“Prima gli italiani, poi gli immigrati”. Classica nenia che si sente ripetere come un mantra da anni quando si parla di accoglienza e immigrazione, specie da quando la crisi economica ha determinato il peggioramento delle condizioni di vita, facendo scattare quei meccanismi difensivi basati su stereotipi che fomentano il razzismo. E sì che ci sarebbero fior fiori di manuale di psicologia sociale a spiegare quegli stereotipi che in modo del tutto irrazionale fanno scattare il razzismo. Ma per tanti è più semplice condividere su facebook la classica foto che racconta quanto è ingiusta l’Italia, che si dimentica dei suoi cittadini per destinare soldi a immigrazione e accoglienza. Ignorano i naviganti che chi mette in circolazione certe bufale su immigrazione e accoglienza, spendendo tempo a confezionarle e condividerle, ha in genere uno scopo che nulla ha a che fare con una presunta “giustizia sociale”. In alcuni casi l’obiettivo è semplicemente economico. È il caso, ad esempio della notizia secondo cui i rom dal primo aprile 2014 non pagherebbero più il biglietto dell’autobus. Altro non è che un pesce d’aprile – come il nome del ministro Beneamato citato nell’articolo fa facilmente intuire – prontamente ripresa dal blog Jedasupport, che di invettive contro immigrazione e accoglienza è letteralmente pieno. Ma aprendo le pagine si nota subito l’elevata presenza di banner pubblicitari: ben 4 per ciascuna pagina. E si comprende facilmente qual è lo scopo del sito: usare il razzismo per attirare navigatori, ossia clienti, per fare soldi. Perché in Internet si sa, il titolo urlato e la polemica va per la maggiore. Poi ci sono le bufale sulle presunte epidemie portate in Italia dall’immigrazione, dall’ebola alla TBC. Trafiletti lapidari su sospetti relativi a torvi individui che porterebbero nel bel paese malattie a diffusione virale. Di virale purtroppo c’è solo la moltiplicazione di certe notizie, che ignorano volutamente valutazioni di carattere medico per seminare il panico fomentano il razzismo. Le organizzazioni che si occupano di accoglienza hanno più e più volte ribadito che gli immigrati non portano malattie: a partire sono gli individui sani e quindi in grado di affrontare un viaggio estremo. Viceversa gli immigrati possono ammalarsi quando arrivano in Italia perché si ritrovano a vivere in condizioni igienico-sanitarie che favoriscono la comparsa di disturbi. E allora non è sugli allarmi infondati che bisognerebbe lavorare ma sulle condizioni di accoglienza che riserviamo a queste persone, che come spiega l’OIM nell’ultimo anno sono soprattutto profughi in fuga da guerre. Ma l’eterno cavallo di battaglia quando si parla di immigrazione e accoglienza è quello dell’emergenza sbarchi. E qui le responsabilità sono da imputare agli stessi giornalisti, che per fretta, esigenza di semplificazione e necessità di “vendere” la notizia diffondono vere e proprie bufale. Svelate da tanti reportage e documentari che approfondiscono le questioni rivelando certi meccanismi, anche e soprattutto politici, che si celano dietro le cosiddette emergenze. Uno per tutti Lampedusa 2011, nell’anno della primavera araba di Mauro Seminara, che documenta come la cosiddetta emergenza immigrazione del 2011 a Lampedusa fu volutamente provocata dal governo Berlusconi, bloccando il trasferimento dei migranti dall’isola verso la terraferma per costruire l’idea dell’invasione incontrollata. Recentemente è stata ancora l’OIM a mettere in guardia contro certe bufale, spiegando che la Germania – 80 milioni di abitanti – nel 2013 ha dato accoglienza a 126.000 richiedenti asilo e il Libano – 4milioni di abitanti – a 1.000.000 di rifugiati dalla Siria. In Italia i numeri sono decisamente più bassi: 50.000 immigrati arrivati dal canale di Sicilia nel 2014, richiedenti asilo che nella maggior parte dei casi scappano dai centri di accoglienza perché non vogliono restare qui. E si arriva così a quella che è la bufala delle bufale, ossia i soldi che andrebbero gli immigrati. Tra gli ultimi fake c’è un’immagine taroccata che mostra un articolo di Repubblica che griderebbe allo scandalo: agli immigrati 1400 euro al mese, alloggi, bus gratuito e buoni pasto. Al di là del carattere palesemente falso dell’immagine diffusa bisogna considerare che:
Ci sarebbe ancora molto da dire sulle classiche frasi fatte sugli immigrati che “rubano il lavoro agli italiani” (sorvolando che se un lavoratore straniero è pagato meno o tenuto in nero forse la responsabilità è del datore di lavoro) ottengono le case popolari (laddove un rapporto dell’Associazione Extrafondente a Bologna dimostra che a vedersi assegnare un alloggio sono più spesso gli italiani, con il rapporto di 1 a 5 per le famiglie italiane e 1 a 10 fra gli stranieri) accedono ai nidi comunali (i cui posti sono assegnati in base al reddito, quindi evidentemente c’è un problema di scarsità di posti a prescindere). In tutti questi casi entra in gioco l’espediente del capro espiatorio: puntare sul razzismo, accusare gli immigrati per distogliere l’attenzione dalle reali responsabilità, quelle della politica. Trasformare l’immigrazione in un magma indistinto di delinquenza e richiesta di assistenzialismo, ignorando che in qualunque gruppo sociale esistono persone buone e volenterose e persone cattive, mettendo in evidenza i reati, che saltano naturalmente agli occhi anche se commessi da una minoranza. Addossando ai gruppi più vulnerabili colpe che non hanno per spostare l’attenzione dalle questioni realmente importanti. Questo meccanismo feroce funziona, straordinariamente bene. Perché di fronte non abbiamo gli abruzzesi colpiti dal terremoto, che fanno parte del nostro gruppo e con i quali ci identifichiamo perché li conosciamo. Gli immigrati sono presentati come il gruppo indistinto degli “altri”, quelli di cui non sappiamo niente, e proprio perché non conosciamo le loro storie possiamo ignorarli, anzi semmai ci fanno paura. Quello che non conosci ti spaventa e per un retaggio innato, che ci portiamo dietro da quando vivevamo nelle caverne. E allora di fronte all’ignoto scatta la difesa: tutti fuori, tutti a casa loro. Il razzismo funziona così, e l’utente medio di internet questo non lo sa. O forse sì, ma è più comodo rilanciare su facebook la foto polemica che avvicinarsi all’altro per cercare di conoscerlo.
Tags: accoglienza, bufale, immigrazione, razzismo
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Si è sentito parlare in mille modi della sigaretta elettronica…
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