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In psicoanalisi si chiama “lavoro del lutto” quel processo psichico che riguarda l’elaborazione della perdita. Il lutto si riferisce non solo alla morte, ma è lo stato psicologico che concerne una perdita, significativa per il soggetto, di un oggetto reale (persone, animali, cose) o simbolica (immagine sociale, status simbol). Il modo in cui ognuno di noi effettua questa elaborazione, può variare attraverso linee abbastanza definite. Sigmund Freud studiò il lavoro del lutto e ne identificò le fasi. La prima fase concerne l’identificazione, la seconda il diniego, la terza l’accettazione e la quarta il distacco. All’inizio, infatti, vi è l’identificazione con l’oggetto perduto, seguita dalla negazione della perdita, ossia dal rifiuto di accettare che la separazione abbia avuto luogo. Infine, con l’accettazione, il soggetto ammette la perdita di modo da permettere il distacco e la possibilità di reinvestire l’affetto su un nuovo oggetto. Queste quattro fasi sono riconoscibili ogni volta che una perdita avviene e il tempo richiesto per l’intero processo può variare, anche parecchio, da una persona all’altra. Nel caso in cui vi sia un blocco nel percorso di elaborazione, si ha disagio psichico. Disagio anche grave, e la conseguenza peggiore è la depressione. In questi casi, il soggetto resta legato all’oggetto e lo sente come una parte di sé senza la quale soffre e, nella depressione, non è possibile vivere. Non c’è accettazione della perdita e quindi non è possibile la scelta di un nuovo oggetto. E’ chiaro che il dolore diventa patologico. Come accennato sopra, la perdita può riguardare diversi aspetti della vita: il lavoro, un luogo, un animale, uno status, o altri elementi di identificazione come una squadra sportiva, un gruppo politico. Tuttavia l’aspetto più significativo nella vita di una persona, è la perdita di un oggetto d’amore. Tutti noi abbiamo subito o causato una separazione. Ciascuno di noi è stato lasciato o ha lasciato un partner. In entrambi i casi, il processo di elaborazione del lutto (perdita) ha luogo, anche se, ovviamente, il lavoro sarà più lento, più doloroso e, soprattutto, energeticamente oneroso per chi non ha preso la decisione. Chi viene lasciato è nella condizione delicata di dover superare la crisi che si è creata nel suo mondo psichico. Deve, quindi, affrontare il dolore in modo da non essere danneggiato e da riprendere il percorso interrotto, senza ferite aperte ma, anzi, arricchito psichicamente. Al punto che, dopo una separazione ben superata, la persona è cresciuta psichicamente e può anche aver rielaborato situazioni bloccate da tempo. Vorrei confrontare due situazioni del percorso di allontanamento dall’oggetto d’amore, che ho riscontrato nel mio lavoro di psicoanalista. Nel primo caso non si riesce ad elaborare il lutto: non si accetta la “morte”, e la persona viene “tenuta in vita”. Si continua a pensare al partner, non si stacca mai la mente, anche a distanza di anni. Nel secondo caso, la persona , non essendo in grado di elaborare il lutto, non si mette mai (tranne ovviamente in caso di morte reale) nella condizione di doverlo affrontare.Il soggetto, in questo caso, mantiene sempre il contatto con l’altro, tiene sempre aperto un canale di comunicazione. Il lutto non può mai iniziare davvero. Il riaggancio è sempre possibile e, di fatto, attuato. Mentre nel primo caso la ferita è sempre aperta e il lutto è sempre in corso, nel secondo caso c’è una sorta di negazione continua e la separazione non è mai affrontata e psichicamente elaborata.Rispetto alla prima situazione, dove la sofferenza è alta e lo stato depressivo costante, la persona è, in questo secondo caso, più serena. Nel primo caso, non avendo le capacità psichiche di elaborare il lutto, il soggetto non si stacca dall’ oggetto d’amore, l’affetto resta vincolato. Le conseguenze sono piuttosto gravi. Vi è, infatti, la difficoltà, o spesso proprio l’impossibilità, di creare un legame nuovo. Non si può vincolare l’affetto ad un nuovo oggetto, investendo energia su di esso, proprio perché esso è rimasto agganciato al precedente. Nel secondo caso, la situazione è più gestibile e la persona più serena, poiché l’affetto è, invece, quasi completamente svincolato dal vecchio oggetto d’amore. Si libera, così, per una nuova relazione.La parte di affetto che resta legata all’oggetto precedente serve a “mantenerlo in vita”. La stragrande parte di affetto, però, è libera e quindi pronta a vincolarsi di nuovo dando inizio a una storia d’amore.Si tratta di una situazione di compromesso, sicuramente frequente, che può rivelarsi estremamente efficace per l’equilibrio psichico del soggetto. Nel concreto, per dare un esempio, nella prima situazione, la persona penserà continuamente al partner, lo cercherà per convincerlo a ritentare, potrebbe persino, e non è raro, arrivare allo stalking.Un lutto non elaborato, in questo modo, causa dolore, con il continuo tentativo di ripristinare lo status quo ante. Si succedono sogni e fantasie il cui tema centrale è il rapporto perduto. La speranza non muore, piuttosto cresce la rabbia nei confronti dell’ex. Rabbia che si alterna al rimpianto e al tentativo di ricontattare l’ex, di dichiarare l’immutato amore. Nel concreto del secondo caso, la situazione può essere simboleggiata con il “restiamo amici”. Il soggetto -purché questo non implichi danni alla propria nuova vita, causando una crisi- mantiene rapporti amicali con l’ex. Ad esempio, può separarsi solo di fatto dal coniuge , può telefonare al vecchio amore per fare una chiacchierata amichevole, se possibile, o comunque mantenere sempre un rapporto aperto, senza mai troncare nettamente. www.psicologi-italiani.it
Tags: coppia, lutto, psicologia, psicoterapia, separazione
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